This entry was posted on 5 novembre 2009 at 21:55 and is filed under poesia. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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nello stesso numero di domus uno strepitoso saggio di herbert read su henry moore… cmq tutto il numero incredbile… ti viene da pensare, ma che italia era?
Si, fantasticoMoore, il mio preferito. E’ incredibile come ogni pagina di Domus, Casabella, Comunità, per non parlare della nostra preferita Spazio, abbia mantenuto intatta negli anni un’increbibile potenza figurativa, sia nei testi che nei messaggi grafici. E’ una sollecitazione continua…persino quando è la pubblicità del DDT o di una crema antirughe. Non so che Italia fosse, ma spero che non serva una guerra per tornare a essere almeno l’ombra di quell’Italia. Ma l’ottimismo mi difetta ultimamente, sorry.
beh, a far la guerra non siamo in grado, sia per il cervello che abbiamo che per i pochi cabassisi.
ma e’ poco ma sicuro che quella era un italia migliore e anche un mondo migliore, e come dice un mio amico triestino, l’archtettura ne e’ una meravigliosa metafora
con questo non voglio lagnarmi come si lagnano sempre tutti che ai vecchi tempi era meglio. no, lontano da questo. una volta non c’erano: il computer, l’aereo che ti portava a londra per 28euri, le partite di basket in tv, il cesso in tutte le case, le minigonne ecc…
ma era un mondo migliore semplicemente per il fatto che era infinitamente più giovane, innocente, più libero nell’espressione, e per quanto riguarda l’architettura un mondo estremamente più colto
Hai ragione. Anch’io non intendevo lagnarmi. A piccola scala sono felicissima: conosco gente che lavora con passione e che non avrebbe nessun problema (e non esagero) a stare in redazione con i giovani Rossi o Gregotti. Ma poi guardo il resto del mondo, vedo la disinvoltura dialettica (per non dire il vuoto critico) di giovincelli senza arte ne parte e mi chiedo se sappiano capire la complessità di certi pensieri progettuali, la profondità delle cose che studiano. Sono certa che la vera cultura sia solo la manifestazione di una fede: verso la conoscenza, verso la bellezza. Ma bisogna amare senza pudore le cose per capirle. Amare è un rischio che non tutti sono disposti a correre. Come poi si possa vivere senza passione, senza ideali, senza ironia, non so. E soprattutto senza minigonna…
7 novembre 2009 alle 16:59 |
nello stesso numero di domus uno strepitoso saggio di herbert read su henry moore… cmq tutto il numero incredbile… ti viene da pensare, ma che italia era?
9 novembre 2009 alle 20:13 |
Si, fantasticoMoore, il mio preferito. E’ incredibile come ogni pagina di Domus, Casabella, Comunità, per non parlare della nostra preferita Spazio, abbia mantenuto intatta negli anni un’increbibile potenza figurativa, sia nei testi che nei messaggi grafici. E’ una sollecitazione continua…persino quando è la pubblicità del DDT o di una crema antirughe. Non so che Italia fosse, ma spero che non serva una guerra per tornare a essere almeno l’ombra di quell’Italia. Ma l’ottimismo mi difetta ultimamente, sorry.
11 novembre 2009 alle 16:58 |
beh, a far la guerra non siamo in grado, sia per il cervello che abbiamo che per i pochi cabassisi.
ma e’ poco ma sicuro che quella era un italia migliore e anche un mondo migliore, e come dice un mio amico triestino, l’archtettura ne e’ una meravigliosa metafora
11 novembre 2009 alle 17:04 |
con questo non voglio lagnarmi come si lagnano sempre tutti che ai vecchi tempi era meglio. no, lontano da questo. una volta non c’erano: il computer, l’aereo che ti portava a londra per 28euri, le partite di basket in tv, il cesso in tutte le case, le minigonne ecc…
ma era un mondo migliore semplicemente per il fatto che era infinitamente più giovane, innocente, più libero nell’espressione, e per quanto riguarda l’architettura un mondo estremamente più colto
11 novembre 2009 alle 22:15 |
Hai ragione. Anch’io non intendevo lagnarmi. A piccola scala sono felicissima: conosco gente che lavora con passione e che non avrebbe nessun problema (e non esagero) a stare in redazione con i giovani Rossi o Gregotti. Ma poi guardo il resto del mondo, vedo la disinvoltura dialettica (per non dire il vuoto critico) di giovincelli senza arte ne parte e mi chiedo se sappiano capire la complessità di certi pensieri progettuali, la profondità delle cose che studiano. Sono certa che la vera cultura sia solo la manifestazione di una fede: verso la conoscenza, verso la bellezza. Ma bisogna amare senza pudore le cose per capirle. Amare è un rischio che non tutti sono disposti a correre. Come poi si possa vivere senza passione, senza ideali, senza ironia, non so. E soprattutto senza minigonna…
12 novembre 2009 alle 09:16 |
forse, l’unica certezza di questo mondo in fondo e’: W LA MINIGONNA