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Scala reale

2 settembre 2009

Per chiudere la stagione delle gite (che sta diventando noiosa) devo segnalare un ultimo luogo, forse un pò lontano dai circuiti consueti, ma imperdibile  per chi ami la landart  (come dice il nostro amico Bosega). È il monumento ai 100mila caduti della prima guerra mondiale di Redipuglia, inaugurato nel 1938.

redipuglia 1

L’abilità di Giovanni Greppi, qui affiancato dallo scultore Giannino Castiglioni, di gestire l’estensione territoriale del monumento è strabiliante: come nel caso del Sacrario del Grappa, che rifà letteralmente la punta al monte, la pendice carsica viene rimodellata dall’architettura. Se da un punto di vista simbolico la formula progettuale è quella consueta per un sacrario, dall’antichità in qua (Palestrina? Tivoli? Walhalla? la scalinata implica l’ascesa, e quindi la progressiva purificazione del visitatore/penitente, fino all’ingresso al tempio sulla sommità e così via), la qualità del lavoro di Greppi nasce dal controllo simultaneo delle singole parti e dell’insieme, che è tutto dire a questa scala. redipuglia 2Una gerarchia monumentale, ma mai rigida, ottenuta con dei semplici, quasi impercettibili, cambi di assi e di quota. Solo percorrendo questo “cretto” cartesiano, ci si rende conto della sprezzatura che ne controlla le forme. Interessante anche  il museo ai piedi del complesso, zeppo di “cimeli” di guerra. Certi arnesi sembrano quelli delle giostre medievali. Che rovina, pensare quante ce ne sono ancora vive, di guerre. Sconvolge.

L’altro luogo che ho amato in questa estate che sta finendo (e un anno se ne va) è Brescia, una città che non conoscevo punto, piacevole da tutti i punti di vista. A parte piazza della Loggia, da rimanere senza fiato, capitelli brasciale vestigia romane o il duomo vecchio e nuovo, idem, un giro per il museo di Santa Giulia è l’equivalente di un viaggio nel tempo e negli spazi siderali. Un formula meno retorica non renderebbe l’idea delle meraviglie che trovate passando di sala in sala. A parte i musei romani, nei musei “normali” ci sono, generalmente, dei picchi di qualità, poi cose meno belle, poi qualche starlette sotto i riflettori, ecc. ecc. Qui ogni periodo è testimoniato da sculture, bassorilievi, pitture, oggetti vari di tale fattura ed eloquenza (fino a incappare, opssss, in Raffaello), da uscirne ubriachi. Citando quello di cui dirò prossimamente: le arti “per un cuore mortale sono un oppio divino”. Amen. Ovviamente anche la sede del museo è uno spettacolo: l’architettura del convento è un palinsesto di trame storiche (da Roma al Settecento, più o meno) che si svela al visitatore in continuazione. Sono stata assai fortunata, poiché resa edotta da uno studioso bresciano di perfetterrima fama, cui bascio le mani. Grazie assai.

W gli alpini!